I pirati mediterranei

di Francesco Cordero di Pamparato

galera mediterranea


Quando si parla di pirateria mediterranea si intende specialmente quel periodo che va dal 1500 al 1830 quando si formarono gli stati barbareschi di Algeri, Tunisi e Tripoli, e furono governati da alcuni dei più formidabili corsari della storia della navigazione. Non è facile di-re se questi personaggi siano stati più pirati o corsari, così come i loro più irriducibili avversari: i cavalieri di Malta. Pirati sono i predoni del mare, rubano e saccheggiano navi e coste di qualsiasi stato. I corsari si battono solo con navi e uomini degli stati con cui il loro è in guerra.

Ma in questo caso, tra mussulmani e cristiani la guerra fu pressoché continua per cui è difficile stabilire la differenza. Analogamente i cavalieri di Malta si definivano in guerra perenne con i nemici della Fede per cui oggi alcuni scrittori hanno definito la Malta dei cavalieri come un'isola di pirati.

Veniamo a questi personaggi. I più importanti di tutti sono senz'altro i due fratelli Barbarossa Aruj e Kair ed Din. Aruj il più vecchio da figlio di un vasaio di Mitilene riuscì a unificare gli staterelli arabi dell'Algeria, sottomettendo o ammazzando i piccoli rais locali e a creare un suo stato in Algeri. Fu ucciso in combattimento dagli spagnoli. Morì perché, già in salvo, volle tornare indietro a dare una mano a dei suoi uomini circondati dal nemico. Suo fratello Kair ed Din per alcuni decenni fu il signore quasi incontrastato del Mediterraneo. Rinforzò il suo regno, si impadronì di Tunisi, e facendo sottomissione all'impero ottomano ne diventò il grande ammiraglio. Fu lui a trasformare i turchi da popolo di terragnoli in signori dei mari. Dopo aver seminato il terrore per decenni in tutto il Mediterraneo, si ritirò già vecchio a Istambul dove morì carico di ricchezze e di onori.

Dopo di lui possiamo ricordare Dragut, il suo luogotenente più abile che riuscì a diventare re di Tripoli. Ulug Alì un ragazzo calabrese rinnegato, che da semplice schiavo, grazie alla sua abilità riuscì a diventare re di Algeri e ad essere l'unico ammiraglio turco che a Lepanto riuscì a salvare se stesso e parte della sua flotta. Questi personaggi vissero nel sedicesimo secolo il periodo d'oro della pirateria mediterranea. Le loro flotte erano formate di decine di galere o galeotte.

Nei secoli successivi le flotte diminuirono di numero, ma con l'uso di navi a vela i barbareschi ebbero una maggiore latitudine di azione. Si spinsero anche in atlantico. Le grandi potenze non li attaccarono mai a fondo, in quanto trovavano più utile farseli amici e indirizzarli ad azioni di disturbo contro le nazioni con cui erano in guerra al momento. Più di un ministro europeo disse che se Algeri non fosse esistita sarebbe stato il caso di inventarla.

Di tanto in tanto veniva mandata una flotta a bombardare Algeri o Tunisi o Tripoli. Venivano restituiti gli schiavi della nazione che aveva attaccato la città, poi appena la flotta era sparita all'orizzonte, i corsari riprendevano il mare e ricominciavano da capo. Analogamente si comportavano i cavalieri di Malta contro le navi mussulmane. Tuttavia la geografia di Malta faceva dell'isola una fortezza imprendibile. Nel terribile assedio del 1566, l'esercito turco d'invasione ebbe talmente tante perdite da doversi ritirare sconfitto.

La pirateria mediterranea finì quando nel 1830 la Francia stanca delle continue scorrerie dei pirati, ormai non più contrastati dai cavalieri di Malta, inviò in Algeria un forte corpo di spedizione che la conquistò. L'impresa ebbe l'effetto di spaventare talmente gli altri stati barbareschi che di fatto la pirateria ebbe termine. Ricordiamo che agli inizi del secolo gli americani avevano già compiuto due spedizioni contro le coste del nord Africa, una volta occupando Derna, l'altra bombardando Tripoli. furono tra le prime imprese del corpo dei Marines degli Stati Uniti.

Gli schiavi

La preda più ambita dei pirati erano le persone. Se ricche dovevano pagare lauti riscatti, altrimenti le donne finivano negli harem e gli uomini a svolgere i lavori che conoscevano. I più fortunati erano gli artigiani o comunque quelli che sapevano fare lavori inerenti alla manutenzione delle navi. Quelli che non sapevano fare lavori ritenuti utili, venivano messi al remo delle galere. Questo sia da parte cristiana che mussulmana. È impossibile dire chi fosse più crudele nei due campi. Si può solo dire che la vita degli schiavi incatenati al remo delle galere è stata forse la forma più terribile di vita a cui essere umano sia mai stato sottoposto. I vogatori rimanevano incatenati al remo per tutto il periodo della navigazione, vale a dire quaranta cinquanta giorni, senza mai potersi muovere dal banco di voga per nessun motivo! Quando qualcuno non ce la faceva più, sovente veniva torturato e seviziato davanti agli altri per dare un esempio, poi gettato in mare. Questo avveniva sia sulle navi barbaresche che su quelle cristiane.

Il saccheggio delle coste al fine di rendere schiava la popolazione fu una delle cause per cui lungo molte coste mediterranee gli abitanti si spostarono all'interno a volte su colline inospitali. Per di più il fatto che molte persone venissero fatte schiave privava l'agricoltura di molte risorse. Un'altra causa d'impoverimento delle coste era il flusso di denaro che prendeva la via dei porti barbareschi per il pagamento dei riscatti.

Fu anche a causa della pirateria che molte regioni si impoverirono.


Le navi


La nave usata principalmente per queste operazioni navali era o la galera o la galeotta. La prima era più grande e aveva cinque rematori per remo, di solito tutti schiavi, per un totale di poco più di duecento cinquanta rematori. Aveva poi un numero variabile da marina a marina di uomini armati, comunque di solito sui cento venti, cento cinquanta. La sua artiglieria era formata da cinque - sette bocche da fuoco. La galeotta era più piccola e aveva due rematori per remo che però erano membri dell'equipaggio. Il suo armamento era formato da tre cannoni. Altra nave usata nella guerra da corsa era la fusta, molto simile alla gaelotta. In questi tipi di navi i pezzi d'artiglieria erano fissati alla prua e per orientarli bisognava muovere la nave verso il bersaglio.

Francesco Cordero di Pamparato